Please wait
Aspetto e scrivo, di solito aspetto e basta. Aspettare è una cosa strana, è come gli aeroporti o le stazioni, pur esistendo non sono posti veri ma posti da cui si passa. Sono costruiti con cemento armato come casa tua ma non ci si vive come a casa. Aspettare è un tempo diverso dal tempo normale, il tempo che si vive aspettando è un tempo rubato.
Aspettare è noioso, o almeno la noia è il primo strato che si palesa. Il primo e più persistente stato. Per superarlo si deve essere cintura nera di fila alle poste o all’agenzia delle entrate, solo se sei allenato ad aspettare puoi superare il primo strato e passare al secondo strato “ho un sacco di tempo per me”.
Si, perché aspettare comporta prima di tutto accettare l’universo, accettare la pioggia che ti cade in testa, accettare quello che in un primo momento sembra eludibile e bypassabile e prendere atto che non abbiamo alcuna speranza, moriremo qui altri 30 minuti, 1 ora o forse due giorni prima che l’attesa termini. Accettarlo è il passare dal senso di oppressione e sconfitta al senso di libertà e felicità per il tempo che ci è stato regalato per noi, per potere pensare e riflettere mentre attendiamo.
Sto attendendo le “”piccole”” che stanno per tornare da una festa di compleanno, il desiderio iniziale è che fossero a casa presto; il desiderio è alla base dell’infelicità. Quando arrivano arrivano, nel frattempo sto entrando nel terzo stato “smemo – nirvana”.
Quasi dimentico che sto aspettando, quasi mi astraggo e il mio animo fluttua davanti me guardandomi attendere e in questo distacco tocco quasi il nirvana.
Beep… “Papi siamo in macchina, fra un po siamo a casa” e si passa dal nirvana a “ma quanto cazzo ci mettono a fare qualche chilometro in macchina?”.
Foto di Dina Nasyrova: https://www.pexels.com/it-it/foto/animale-cane-animale-domestico-carino-7421920/